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Change Management e Comunicazione: alcuni dati e riflessioni

IL PRIMO MUST DEL CHANGE MANAGEMENT E’ LA COMUNICAZIONE. 

Di tutti i clienti, quello di cui in azienda ci si dimentica troppo spesso è il cliente interno: i collaboratori! “La prima difficoltà nelle aziende è la comunicazione interna”

Nel mondo del lavoro, così come nella vita quotidiana di ognuno di noi, la COMUNICAZIONE è onnipresente ed ha la funzione di collante tra almeno due interlocutori.

Un buon collante ha la funzione di fissare, assembrare, riparare; pensate quindi quante problematiche può causare un collante non adatto e, allo stesso tempo, immaginatevi a quali difficoltà porta una comunicazione non adatta tra colleghi, padre/madre e figlio/a, investitori ecc.

Definendo la COMUNICAZIONE EFFICACE come il “riuscire a suscitare una emozione che dà luogo ad un’azione di cambiamento in una persona o in un gruppo di persone”, si capisce come nel mondo del lavoro l’importanza della comunicazione sia sottovalutata.

La comunicazione “emozionale”, con i giusti strumenti e metodi, porta a miglioramenti inaspettati, sia individuali (LEADERSHIP), sia a livello aziendale (PRODUTTIVITA’, PROBLEM SOLVING, CHANGE MANAGEMENT, INNOVAZIONE, DIGITAL TRASFORMATION), sia nei team (TEAMING, INTERAZIONI, SCAMBI, MIGLIOR CLIMA AZIENDALE).

Continuare imperterriti, graniticamente e testardamente posizionati su modalità comunicative anni 90′ è UN RISCHIO che manager, leader, CEO e imprenditori non possono più permettersi.

Il cambiamento è nella natura delle cose: nel mondo del lavoro nuovi trend, nuovi mercati, nuove tecnologie, nuovi approcci, nuovi scenari, nuovi progetti si susseguono continuamente.

Come sottolinea l’Osservatorio 2020 Assochange, c’è anche un altro fattore da considerare: dopo un anno di pandemia, oggi c’è più apertura al cambiamento (change management). Condividi il Tweet

A dimostrazione di quanto affermato, sale a 59 la percentuale di persone che affrontano il cambiamento con spirito costruttivo (43% nel 2019). Scende invece al 39% il numero di quelle che partecipano ai progetti “solo” se attivate, con un atteggiamento più di accettazione che di partecipazione (47% nel 2019). Questo significa che, in pratica, oggi quasi 2 lavoratori su 3 comprendono che il cambiamento è urgente, improcrastinabile.

Il cambiamento è diventato una condizione necessaria per restare sempre aggiornati e perché l’azienda possa continuare a competere sul mercato Condividi il Tweet: ci credeva solo 1 persona su 4 nel 2019 e il 14% delle persone pensava anche che cambiare non fosse prioritario per il business; mentre nel 2020 lo pensa solo il 4%.

Oggi si cercano nuovi modi di lavorare, si punta a utilizzare di più e meglio la tecnologia, si prendono in considerazione diversi modelli di leadership. L’obiettivo finale? Creare vicinanza, empatia, collaborazione, e, aggiungo io, una miglior comunicazione!

Change Management significa costruire un percorso di transizione Condividi il Tweet che dalla situazione attuale (dove siamo) fissa un obiettivo (dove vogliamo arrivare) e una transizione (come ci arriviamo). Una metodologia efficace di Change Management deve contemplare tutti gli elementi in gioco. Secondo il modello 4P di Jerome McCarthy (modello di marketing mix applicato alle risorse umane) 4 appunto sono i pilastri: PEOPLE, PROCESS, PLATFORM, PLACE.

Google afferma che le aziende con programmi di Change Management ben ponderati ricevono quasi il 30% in più di ROI rispetto a quelle con programmi scadenti o assenti Condividi il Tweet ed inoltre la McKinsey & Company ha stimato che, circa il 70% degli obiettivi di trasformazione aziendale, fallisco.

In un altro studio di Google, i fattori più importanti per un piano di successo includono:

  • Forte consenso da parte della leadership esecutiva (45%)
  • Coinvolgimento continuo con dipendenti di livello inferiore (42%)
  • Comunicazioni migliorate (32%)
  • Formazione su nuove procedure prima e dopo l’implementazione del cambiamento (69%)

Se leggiamo tra le righe, vediamo che tutti questi indicatori si riferiscono a una migliore comunicazione.

Ad ulteriore conferma, secondo la survey 2017 la comunicazione resta il secondo punto di debolezza dopo la mancanza di cultura al cambiamento.

Ecco perché promuovere costantemente linee di comunicazione aperte tra dipendenti e management migliorerà notevolmente le possibilità di successo di un progetto e anche in azienda vale quanto affermato da G.Bernard Shaw:

“Col tono giusto si può dire tutto, col tono sbagliato nulla: l’unica difficoltà consiste nel trovare il tono

Se tutte le volte che, durante una riunione con il proprio team, oppure durante una vendita con il cliente in cui ti sono capitati fraintendimenti, equivoci, qui pro quo, divergenze – e il tutto è terminato con la delusione di non essere stato ascoltato e capito – avessi avuto delle nozioni teoriche e della buona pratica, che risultati avresti ottenuto? Che sensazioni avresti avuto? Prova solo ad immaginare quanta energia e quanto tempo hai sprecato senza ottenere quello che volevi.

Secondo voi, le aziende con una comunicazione interna efficace ed un ambiente di lavoro piacevole, quali risultati ottengono? Condividi il Tweet

Il clima che si respira in un’azienda dove la comunicazione è disfunzionale può supportare la crescita professionale e la partecipazione, oppure crea sfiducia ed allontanamento?

Nelle imprese moderne la gestione della comunicazione interna è una funzione fondamentale che può trasformarsi in un importante vantaggio competitivo, perché è legata a una maggiore soddisfazione dei dipendenti e ad un aumentato livello di impegno e coinvolgimento.

Leggiamo 10 punti di attenzione per migliorare la nostra comunicazione, sia scritta, sia verbale:

  1. CONCENTRIAMOCI su ciò che dice il nostro interlocutore ed ascoltiamolo attentamente: raccoglieremo molte più informazioni di quanto possiamo pensare
  2. SIAMO NOI STESSI. Le maschere che indossiamo sono un ostacolo all’empatia
  3. ANTICIPIAMO POSITIVAMENTE: ovvero parliamo di un dopo migliore e di cose belle
  4. ASCOLTIAMO attentamente ed interrompiamo l’interlocutore, solo se necessario, senza rompere il ritmo della “comunicazione”
  5. COMPRENDIAMO E CONCENTRIAMOCI SUL SIGNIFICATO più che sulle parole che l’interlocutore vuole dare
  6. CREIAMO UN RAPPORT entrando in confidenza ed empatia con il nostro interlocutore. Il contatto visivo aiuta molto
  7. SIAMO FLESSIBILI, adattandoci a chi abbiamo davanti
  8. GUIDIAMO DOLCEMENTE LA CONVERSAZIONE portandola dove vogliamo che vada, fino alla naturale conclusione
  9. SIAMO GENUINI nell’ascoltare e nel parlare
  10. DIAMO FEEDBACK POSITIVI E RINFORZIAMO CONCETTI CON DOMANDE tipo: Cosa ne pensi? Quali sensazioni hai al riguardo? La tua idea qual è?

Infine è bene ricordarsi sempre prima di ogni conversazione:

  • “COSA VOGLIO OTTENERE?”
  • “METTERMI SEMPRE NELLA CONDIZIONE DI VOLER ASCOLTARE E COMPRENDERE”

Queste sono pillole che puoi approfondire aggiornandoti QUI e QUI.

Ora, dopo questa lettura e ricordando che Anthony Robbins ha scritto: “Il modo in cui comunichiamo con gli altri e con noi stessi determina la qualità della nostra vita”, sei pronto a superare l’obiezione di un collega che si alza dicendovi: “ABBIAMO SEMPRE FATTO COSI’”?

Paolo Brogi – Prada
Coordinamento Project Management – Engineering Department
Contributor FireFly Social Media Project

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